L'incipit più bello del mondo
Ci sono molti modi per iniziare una storia. Ma qual è l'incipit più bello del mondo?
Nel corso degli anni sono state fatte varie classifiche.
Secondo l'American book review, ad esempio, i tre incipit più belli del mondo sono questi:
1. "Chiamatemi Ismaele"
("Moby Dick", Herman Melville)
2. "È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo fornito di un buon patrimonio debba sentire il bisogno di ammogliarsi."
("Orgoglio e pregiudizio", Jane Austen)
3. Un grido s’avvicina, attraversando il cielo.
("L’arcobaleno della gravità", Thomas Pynchon)
Niente male, vero?
Eppure, per quanto belli, nessuno mi fa emozionare come il mio incipit preferito.
Siete curiosi si sapere qual è? Ve lo rivelo subito: l'incipit di Biancaneve.
"Ma come? Questa compara l'incipit dei capolavori della letteratura con l'incipit di una semplice... fiaba??" Vi chiederete.
Sì. Certo che sì! Per me le fiabe sono dei capolavori, delle opere d'arte elaborate dalla coscienza collettiva dell'umanità, nel corso dei secoli. Tramandate di bocca in bocca, perfezionate per diventare sempre più universali. Quando poi approdano alla forma scritta grazie a scrittori del calibro dei fratelli Grimmm... be', il risultato è questo:
Una volta, in inverno inoltrato, mentre i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume, una regina cuciva seduta accanto a una finestra dalla cornice d'ebano. E, mentre cuciva e alzava gli occhi per guardare la neve, si punse un dito e tre gocce di sangue caddero nella neve. Il rosso era così bello su quel candore, che ella pensò fra sé: "Avessi un bambino bianco come la neve, rosso come il sangue e nero come il legno della finestra! ." Poco tempo dopo, diede alla luce una bimba bianca come la neve, rossa come il sangue e con i capelli neri come l'ebano; e, per questo, la chiamarono Biancaneve.
Traduzione tratta da Grimmstories.com
Non è una meraviglia?
Rosso, come il sangue che dona la vita; nero, come la morte; bianco, come l'innocenza della nuova creatura che verrà al mondo, in questo intreccio di vita e di morte.
Tutto il significato dell'esistenza, racchiuso in poche righe.
Voi cosa ne pensate? Qual è il vostro incipit preferito?
Commenti
Sono cresciuta a pane e Favole ;-)
Belli gli Incipit di cui parli - ce ne sono tantissimi di davvero validi interessanti e belli
Uno tra i miei preferiti è quello di "Cuore D'Inchiostro di Cornelia Funke
"Pioveva, quella notte. Una pioggerella fine, un fitto mormorio. Tanti anni più tardi, a Meggie bastava chiudere gli occhi per sentirla ancora, con quel suo tamburellare sui vetri come minuscole dita. Da qualche parte, nel buio, un cane abbaiava e, per quanto si girasse e rigirasse nel letto, Meggie non riusciva a prendere sonno.
Sotto il cuscino c'era il libro che aveva appena letto. Le premeva la copertina contro l'orecchio, quasi per attirarla di nuovo fra le sue pagine. «Certo che dev'essere comodo dormire con quel coso duro sotto la testa!» aveva scherzato Mo la prima volta che le aveva trovato un volume sotto il guanciale. «Dai, ammettilo: di notte ti bisbiglia la sua storia.»
«Oh, qualche volta. Ma funziona solo con i bambini» aveva risposto Meggie, e Mo le aveva pizzicato il naso. Mo... Meggie non ricordava di avere mai chiamato suo padre in altro modo."
Buon fine settimana e migliore fine del mese di ottobre
Mi hai anche ricordato che devo assolutamente leggere questo libro! È in lista da tanto...
E poi mi piace tantissimo l'inizio della fiaba La bella e la bestia ...
Io l'ho letto quando stavo fuori casa 12 h ore al giorno per lavoro, quindi può farlo chiunque, se ama il genere!
A te indovinare gli incipit:
Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che mi interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo.
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutte a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo.
Soffiava sul lago una breva fredda, infuriata di voler cacciar le nubi grigie, pesanti sui cocuzzoli scuri delle montagne. Infatti, quando i Pasotti, scendendo da Albogasio Superiore, arrivarono a Casarico, non pioveva ancora. Le onde stramazzavano tuonando sulla riva, sconquassavan le barche incatenate, mostravano qua e là, sino all'opposta sponda austera del Doi, un lingueggiar di spume bianche. Ma giù a ponente, in fondo al lago, si vedeva un chiaro, un principio di calma, una stanchezza della breva; e dietro al cupo monte di Caprino usciva il primo fumo di pioggia. Pasotti, in soprabito nero di cerimonia, col cappello a staio in testa e la grossa mazza di bambù in mano, camminava nervoso per la riva, guardava di qua, guardava di là, si fermava a picchiar forte la mazza a terra, chiamando quell'asino di barcaiuolo che non compariva.
Era un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce. Nei primi quaranta giorni passati senza che prendesse neanche un pesce, i genitori del ragazzo gli avevano detto che il vecchio ormai era decisamente e definitivamente salao, che è la peggior forma di sfortuna, e il ragazzo li aveva ubbiditi andando in un'altra barca che prese tre bei pesci nella prima settimana. Era triste per il ragazzo veder arrivare ogni giorno il vecchio con la barca vuota e scendeva sempre ad aiutarlo a trasportare o le lenze addugliate o la gaffa e la fiocina e la vela serrata all'albero. La vela era rattoppata con sacchi da farina e quand'era serrata pareva la bandiera di una sconfitta perenne.
Sono il più grande scrittore vivente!
"Quel giorno. La gente mi chiede sempre e soltanto di quel giorno. Come se non ne avessi vissuti altri. Talvolta osa perfino chiedermi se me lo ricordo ancora. Sì, certo, me lo ricordo quel giorno. Lo ricordo come altre persone della mia età ricordano una vita intera. Sfido, io sono quelle ventiquattro ore. Tutto ciò che penso e sogno e faccio ancora adesso, è stato stabilito allora. Ciò che ero prima di quel mattino, ha perduto ogni valore; ciò che è rimasto di me dopo quella notte, non ha più potuto dare importanza a niente. Ho sempre detto che, con quel giorno, tutto ha avuto inizio e tutto ha avuto fine.
E ora, all'ultimo, si annuncia un seguito."
Da "La donna che non voleva arrendersi" di Arthur Japin.
Ovviamente concordo sull'importanza letteraria delle fiabe!
Spero che lo siano anche quelli dei miei articoli.
www.missdreamer.altervista.org