Fortuna, il buco delle vite - Jolanda Buccella

"Fortuna, il buco delle vite" di Jolanda Buccella ha un titolo originale e un inizio altrettanto particolare.

Fortuna è una donna che si appresta a scontare una condanna a morte in un carcere ruandese. Lungo il corso della storia riviviamo con lei i ricordi di una vita, o meglio di tre vite. Le vicende che ha passato, infatti, possono essere divise in tre fasi principali, diversissime tra loro.

La prima vita inizia a Quattrovie, nel sud Italia. Mi è piaciuto molto il fatto che l'autrice faccia prendere le mosse alla trama raccontando la storia delle nonne di Fortuna, creando così una saga familiare (adoro le saghe familiari alla Allende). In questo modo comprendiamo bene il contesto che rende Fortuna quello che è... ma in realtà non dovrei ancora chiamarla fortuna, ma J. Sì, perché in ognuna delle sue vite la protagonista assume un nuovo nome.
J. nasce con una malformazione alla schiena, il cosiddetto "buco delle vite", che le impedirà per sempre di muoversi come tutte le altre persone. Per fortuna c'è la mitica nonna Umberta che la spinge a camminare, mentre gli altri parenti - a cominciare dalla madre egoista e nevrotica - vorrebbero vederla rassegnata al suo destino di disabile. J. cammina come una papera ma non le importa, perché c'è l'amore della nonna a renderle speciale ogni giornata.
Quando muore Umberta, però, qualcosa muore anche in J. Cade nella spirale dei disturbi alimentari, oscillando tra anoressia e bulimia, nell'indifferenza dei genitori che la lasciano quasi morire. Riesce in qualche modo a riprendersi ma non a dare una direzione soddisfacente alla sua vita. Quando arriva ai trent'anni decide così di lasciare Quattrovie, il paese in cui è stata vittima dell'ostilità della gente (da piccola era considerata una specie di indemoniata per la sua malattia) e raggiungere Roma.

La vita a Roma però è dura per una giovane donna senza esperienza e affetta da un handicap. Una volta finiti i soldi, J. prende il nome di "Piccoletta" e comincia a vivere tra i barboni, subendo abusi e sofferenze di ogni sorta. Tutto cambierà quando incontrerà Nadir, un dolcissimo ruandese che le cambierà la vita. L'inizio della loro relazione non è affatto semplice, visto che Piccoletta diffida di tutti e nel corso degli anni ha sviluppato un carattere intrattabile. Però Nadir riesce a smuovere qualcosa in lei...

La terza vita è quella a fianco di Nadir, con cui si trasferirà in Ruanda nel periodo in cui il regime sta operando un vero e proprio genocidio. Ora prende il nome di Fortuna: una donna che, nonostante le sofferenze patite, cerca di risollevarsi grazie all'amore per il compagno e per i piccoli pazienti dell'ospedale in cui si ritrova a vivere...

Già da questo veloce riassunto avrete capito che si tratta di un libro intenso, che parla di amore ma anche di sofferenza, sensibilizzando i lettori su diverse tematiche come la guerra civile ruandese.
Uno dei messaggi più importanti, secondo me, è il concetto "relativo" di fortuna. Diamo per scontate molte cose, come il fatto di essere sani e di crescere in una famiglia che ci ama, ma non è così e la protagonista di Jolanda Buccella ce lo dimostra. Eppure, nonostante le sofferenze, c'è sempre la speranza di sovvertire le sorti della propria vita, costruendo con fatica la propria fortuna.

I personaggi sono tanti e ben gestiti. Ognuno ha i suoi lati oscuri, a cominciare dalla protagonista: una donna difficile, capace perfino di irritare il lettore per la rabbia repressa che la porta a gesti inconsulti e in qualche occasione crudeli; proprio queste caratteristiche, tuttavia, la rendono umana e realistica. Alla fine si ha la sensazione di averla conosciuta veramente, come se fosse una vecchia amica.
Non è un romanzo per gli amanti delle storie leggere, ma se si amano le storie dense, che fanno riflettere, allora è consigliatissimo!

Non rivelo niente del finale perché è a sorpresa, però posso dire che a me è piaciuto molto.

Ultimo punto: lo stile.
Jolanda Buccella ha buone potenzialità e lo dimostra scrivendo un'opera che, per quando lunga, non annoia mai il lettore.
Il problema sta nell'impiego della punteggiatura. L'autrice usa frasi "a singhiozzo", caratterizzate da un utilizzo delle virgole copioso e a tratti eccessivo, che rischia di far incespicare la lettura. Spessissimo ho notato l'abitudine di separare soggetto e predicato con la virgola. Sebbene sia un errore ci potrebbe anche stare, per carità: qualche scrittore autorevole ha utilizzato questo espediente ritmico come licenza poetica. Se ricorre in tutte le pagine, però, diventa pesante. Il consiglio che mi sento di dare a questa scrittrice esordiente è quindi quello di dosare meglio la punteggiatura! ;-)

Nel complesso, comunque, posso dirmi soddisfatta della lettura e sono contenta che si tratti di un romanzo d'esordio: Jolanda è sulla buona strada e sono sicura che ci regalerà altre storie, migliorandosi sempre di più!
In bocca al lupo a questa scrittrice e grazie di cuore per l'invio del romanzo!
Sarei molto curiosa di leggere qualche altra sua opera :-)

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Commenti

Pippicalzelunghe ha detto…
Ciao Mitica!!! Come al solito il tuo commento è molto preciso e il libro di Jolanda molto toccante...per quanto riguarda la parte tecnica solo tu puoi giudicare...una scarpona come me non potrebbe cogliere questi tecnicismi letterari, la storia di Fortuna è davvero coinvolgente. Auguro a questa giovane autrice un grande in bocca al lupo mannaro, e tanta Fortuna!!!Baci Ba
Luigi ha detto…
scopro con piacere che ti stai dedicando alle recensioni ultimamente: brava, c'è bisogno di persone con la tua sensibilità che forniscano consigli per la lettura così appropriati!!!
Un sorriso
Veronica ha detto…
La storia non è per niente banale. Credo sia molto difficile trovare trame di questo genere in librerie italiane oggi. Quindi, mi hai molto incuriosita.

Sul discorso generale a proposito della punteggiatura hai tutto il mio appoggio. Oggi, mi ritrovo ad essere una purista intrattabile sulla punteggiatura... questo perché un tempo neppure io sapevo gestirla. Addirittura, alle scuole medie mi insegnarono a leggere facendo delle pause di respirazione... dicendomi però: "ogni pausa, una virgola". Che è un motto sbagliato. Spesso mi sono ritrovata anche io a mettere la virgola tra soggetto e verbo e tra frasi coordinate!

L'unico modo per liberarsi di questi errori è leggere e studiare la grammatica.

Ti dirò... ultimamente ho letto un libro di una notissima casa editrice (libro che hai letto anche tu ;)) che era pieno di virgole! Soprattutto tra le "e" della coordinazione... virgole messe quasi a caso che spezzavano la frase in maniera innaturale. La cosa mi ha parecchio disturbata.

Comunque, grazie per il consiglio di lettura, ne terrò conto!
Gabe ha detto…
ottima recensione,sarà sicuramente un libro da leggere,
un bacione,sempre correndo
Lo sviluppo sembra davvero intrigante, la tua presentazione "mi ha preso". Sostanza e originalità vanno sempre premiate. Per quanto riguarda la virgola, credo che il problema dipenda da una (a mio parere legittima, nei limiti) libertà di utilizzo. La controindicazione è che più la si personalizza, meno viene digerita dal lettore. Ciao, grazie per la dritta.
Veggie ha detto…
Non avevo mai sentito parlare di quest'autrice... Grazie per questo consiglio di lettura... sembra che, oltre la trama, ci sia anche un bel po' d'introspezione psicologica dei personaggi, a giudicaare da quel che hai scritto... e questo "scavare nei personaggi" è un qualcosa che mi piace molto, quando leggo...
Vele Ivy ha detto…
@Pippi: magari non tutti amano esprimersi per tecnicismi (che per ragioni ovvie sono invece necessari in una recensione), ma ti assicuro che ogni lettore avverte istintivamente quando qualcosa lo fa incespicare nella lettura!

@Manuela: grazie e piacere di conoscerti! ;-)

@Luigi: sì, sono rimasta indietro di tante recensioni!! Per fortuna le apprezzate, visto che ne ho ancora molte da pubblicare, eheheheh!

@Vero: parole sante! Come al solito siamo allineate nei nostri pareri. Ma qual è il libro a cui alludi?!? Mmmmm... sono curiosaaaa!

@Gabe: grazie carissima!

@Doc: il tema delle cosiddette "licenze poetiche" o "libertà letterarie" meriterebbe un accurato discorso a sè... ma ora sono troppo stanca per affrontarlo, ahahahah. In ogni modo, grazie per il commento DOC!

@Veggie: sì, c'è molta introspezione e inoltre sono presenti molte tematiche che ti interesserebbero. Secondo me ti può piacere, Veggie: te lo consiglio!
Anonimo ha detto…
Ho avuto il piacere di leggere questo libro di notte in treno mentre andavo da Palermo a Milano. Fortuna mi ha tenuto compagnia per tutta la notte ed è stata una piacevolissima compagnia, l'autrice ha una scrittura emozionale, riesce a toccarti il cuore e a sconvolgerlo. Tratta argomenti molto forti senza mai cadere nel banale e non ha proprio niente da invidiare a tante autrici pubblicate da Mondadori o La Feltrinelli che spesso raccontano storie banalissime, in Fortuna niente è banale. Sono sicura che non potrà far altro che migliorare con i suoi prossimi lavori.
Vele Ivy ha detto…
Ciao Lorenza e benvenuta su Colorare la vita.
Condivido il tuo pensiero al 100%: essere pubblicati da una casa editrice famosa non garantisce affatto l'originalità dell'opera. In questi ultimi anni ho scoperto romanzi editi da piccolissime case editrici - o addirittura autoprodotti! - decisamente belli... spesso molto più particolari e ben scritti di quelli pubblicati dai "colossi" dell'editoria, che per non rischiare pubblicano sempre più spesso banalità.

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